Una battaglia per l’affermazione di un’identità afroitaliana che non rinuncia a sfoderare l’arma dell’ironia, costruendo un labirinto di finali imprevedibili, di passioni irrinunciabili e di consapevolezze strappate al disprezzo di chi, pagina dopo pagina, dall’alto del suo machismo e del suo razzismo più o meno conclamato, sarà costretto a scoprire di essere già stato sconfitto dalla storia.

Il 15 luglio è uscito il nuovo libro di Marilena Umuhoza Delli dal titolo: Negretta Baci Razzisti, edito da Red Star Press. Marilena Delli è una delle scrittrici afroitaliane emerse negli ultimi anni e nel suo ultimo romanzo racconta le vicende di una ragazza, Marilena Gallitelli (detta Caffè), che deve crescere facendo costantemente i conti con il razzismo che la circonda.

Marilena, leggendo il tuo libro mi sono subito chiesta: chissà quanto della Marilena autrice c’è nella Marilena protagonista? Insomma, il tuo è un libro autobiografico?

Questo è un romanzo ispirato alla mia vita personale, ovviamente nel memoir che avevo scritto nel 2016 – Razzismo all’Italiana, edito da Aracne Editrice – parlavo di tutte le vicende accadute alla mia famiglia. Però in un memoir non puoi aprirti completamente, o almeno io non ci sono riuscita, invece in questo romanzo paradossalmente mi sono sbottonata ancora di più, anche se non tutte le storie narrate nel libro sono realmente accadute a me. Questo mio ultimo lavoro, infatti, è ispirato alla mia famiglia, la protagonista è una ragazza afroitaliana come me con una madre ruandese e un padre bergamasco che sin dalla nascita è stata identificata come “negretta”.

La parola “negretta” è piuttosto controversa. Probabilmente non c’è una ragazza nera in Italia che non sia stata apostrofata in questa maniera. Come la vive la protagonista del romanzo?

Questo termine è un epiteto doloroso che Marilena sente ripetere ovunque: dai compagni di scuola fino alle forze dell’ordine. Lei vive in un mondo che non fa altro che ricordarle costantemente che è diversa e indesiderata.

In questo senso è molto interessante la storia del nome della protagonista, considerato troppo africano per gli impiegati del comune che decidono di non trascriverlo sui documenti. È capitato anche a te? 

Si, il mio nome Umuhoza, non è riportato sui documenti proprio per questa ragione, un nome considerato ridicolo. Ma la cosa sconvolgente è che trenta anni dopo, quando sono andata al comune per trascrivere il nome di mia figlia appena nata, un nome ruandese che le aveva dato mia madre, mi hanno chiesto: “ma invece di questo nome africano, non la può chiamare Maria?”. Dunque cosa è cambiato in questi anni? Pensa che mia figlia di tre anni e mezzo viene ancora apostrofata come “negretta”.

Ho trovato la backstory di Chantal e Giuseppe molto affascinante, forse una delle parti più riuscite del libro.

Anche noi siamo passati da una casa ad un’altra perché mio papà, nonostante fosse una persona di cultura che parlava molte lingue, una volta tornato in Italia dopo aver fatto il missionario in Africa, non è riuscito a trovare una posizione lavorativa che rispecchiasse le sue competenze. Spesso poi era penalizzato per il solo fatto di avere una moglie africana. 

Invece Chantal, proprio come mia madre, dopo aver vissuto due genocidi – nel 1959 e del 1973 – è stata rapita a cinque anni dai coloni belgi che poi hanno fatto degli esperimenti medici su di lei, facendole contrarre la poliomielite. Per fortuna, ha vinto la borsa di studio che le ha permesso di salvarsi ma in pratica è passata dal razzismo del suo paese d’origine (ndr la madre dell’autrice è una donna ruandese di origini Tutsi) al razzismo di un altro paese. 

Devo dire che però, leggendo il libro, mi è sembrato di cogliere maggior clemenza nei confronti della figura paterna, nonostante la violenza che Giuseppe esprime…

Innanzitutto ci tengo a precisare che mio padre non è mai stato un uomo violento come il Giuseppe del libro. Però certamente lui è stato un padre più “africano” e mia mamma è stata una madre più severa e all’italiana e questa cosa si può ritrovare anche nel libro. Chantal, nonostante ami tantissimo sua figlia, pensa che il miglior modo per integrarsi nella società sia quello di conformarsi alle persone che la circondano. Questo si traduce nello sbiancarsi la pelle, lisciare i capelli ecc. Da una parte la capisco perché trovarsi in un paese straniero e dover affrontare il razzismo non è facile, lei però è una donna meravigliosa con un carattere forte.

*DA NON PERDERE*

Mi ha molto colpito infatti, il passo del libro che dice: «Visto che quello era il primo giorno nella casa nuova, per mamma dovevamo essere bellissime. Il che voleva dire lisciarsi i capelli, il che voleva dire cercare di sembrare bianche». In un certo senso mi ha ricordato L’Occhio più Blu di Tony Morrison. Quando hai scritto questo libro avevi in mente il lavoro di altr* scrittor* afrodiscendenti?

Ho letto tanto Igiaba Scego, ho adorato Denti Bianchi di Zadie Smith, Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie. Però principalmente mi sono ispirata al mio vissuto, anche se mia madre non mi ha mai lavato con la saponetta sbiancante!

“Negretta” è un romanzo di formazione ideale da far leggere ai giovani. Quando l’hai scritto avevi in mente questo target?

Io questo lo considero un romanzo young-adult e l’ho scritto con questo inquadramento nonostante il libro non sia ambientato ai giorni nostri ma negli anni Ottanta e Novanta. D’altronde quelli sono stati anni per me importanti perché è stato il periodo in cui io ero più disorientata, in cui avrei voluto leggere testi dove ci fossero dei protagonisti neri. All’epoca sentivo un senso di alienazione profonda, dunque con questo romanzo volevo toccare i ragazzi di seconda generazione e cercare di avvicinarmi a loro raccontando una storia nella quale identificarsi.

Sono molto curiosa, invece, di sapere da dove è nata l’ispirazione per il rapporto d’amicizia tra Caffè, la protagonista del libro, e la sua amica Latte. C’è una Latte anche nella tua vita?

Grazie mille per questa domanda, nessuno fino ad ora mi ha chiesto di questo rapporto. Tutti si focalizzano esclusivamente sul tema razzismo, ma questo è principalmente un libro sull’amicizia! C’è una Latte anche nella mia vita e anche lei veniva derisa a scuola per il suo colore della pelle, troppo chiaro. In qualche modo io ho sempre sentito una forte connessione con le persone emarginate, quelle più in disparte, però diciamo che la nostra storia d’amicizia è stata un po’ romanzata nel libro.

Vorrei invece approfondire il tema delle storie d’amore raccontate nel libro. Alcune le ho trovate davvero problematiche, come ad esempio quella con il ragazzo della Lega…

Io sono cresciuta con un papà leghista mentre mia mamma lottava per avere il diritto di votare, la mia identità, come quella della protagonista, era spaccata. Per questa ragione ho fatto vivere alla mia Marilena dei rapporti un po’ controversi anche per testimoniare il disorientamento che si può provare quando sei nera e sei circondata da leghisti. Com’è complesso il rapporto familiare, così questa complessità si rispecchia anche nel rapporto con la realtà circostante.

Hai già pensato ad un eventuale secondo capitolo per questo libro?

Certo che ci ho pensato! Per ora aspettiamo come va questo e poi si vedrà. Un po’ come è successo con il mio primo libro.

Marilena, cosa vuol dire nel 2020 essere un’autrice afroitaliana?

È triste dirlo ma, benché ci siano autori afroitaliani, siamo ancora veramente pochi! E pensa che impatto può avere sulla nostra vita dover crescere senza dei libri in cui riconoscersi, senza avere dei riferimenti nostri nei mass media o in qualsiasi forma d’arte. Io sono cresciuta non sentendomi rappresentata e non sentendomi adatta all’ambiente in cui vivevo. Mi sono sentita sempre diversa.

Ultima domanda prima di congedarci. Oltre a fare la scrittrice ti occupi di qualcos’altro? 

Io sono una fotografa e regista ma da molti anni mi occupo, insieme a mio marito, di artisti di strada provenienti da paesi come il Ruanda, il Sudan, il Vietnam e la Cambogia. Abbiamo prodotto il primo album di Jovanotti negli Stati Uniti e collaboriamo con altri artisti folk. Per approfondire maggiormente potente andare sul mio sito internet

Potete acquistare il libro “Negretta- Baci razzisti” di Marilena Umuhoza Delli cliccando qui

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