Intervista ad Angelica Pesarini, docente universitaria alla New York University di Firenze.

Secondo i dati dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), le denunce per atti razzisti nel 2018 sono aumentate del 82% rispetto all’anno precedente. E a quattro mesi dall’inizio del 2019, i fatti di cronaca confermano i dati: il razzismo in Italia sta aumentando.

  • A febbraio le scritte “Ammazza al negrar” e “Pagate per questi n*gri di merda” compaiono sul muro del 21enne senegalese Bakary Dandi, figlio adottivo di una coppia milanese. Accanto alle parole c’è una svastica.
  • Esattamente una settimana dopo, a Foligno, un maestro discrimina un bambino di origine nigeriana. Secondo l’insegnante, si tratta di un fraintendimento. Durante il suo gesto frainteso, chiama anche la sorella del bambino “scimmia”.
  • Il 21 marzo, tre ragazze torinesi musulmane vengono aggredite su un autobus. Prima di attaccarle, la signora italiana avrebbe detto:

“Avete paura di un cane, ma non di farvi saltare in aria negli attentati”.

Il razzismo in Italia è sempre esistito.

A differenza di quanto si creda, esso non è riapparso ultimamente come strumento di difesa dall’immigrazione africana. Secondo Angelica Pesarini <<I devastanti effetti del razzismo non sono mai scomparsi, e hanno trovato terreno fertile nelle politiche dell’ultimo periodo>>.
Angelica Pesarini è docente universitaria alla New York University di Firenze. Con origini italo-africane, è nata a Roma. Ha condotto numerosi studi sulla razza e sul genere, e recentemente si è espressa sul peso che questi temi hanno nel discorso politico italiano.

L’abbiamo intervistata.

Quali sono, seconde te, le cause per le quali il razzismo non è mai scomparso del tutto?
<<L’idea di razza è, a mio avviso, al centro dell’idea di identità italiana. Anche se il colore non si nomina quasi mai, l’identità italiana è prettamente biologica, basata cioè su una serie di fattori fenotipici identificabili nel corpo (un certo colore della pelle, certi tratti somatici ecc.) e all’idea di sangue, che si riflette infatti nell’attuale legge per la trasmissione della cittadinanza (Ius Sanguinis)>>.
Questa associazione dell’identità al sangue definisce, a parere di Angelica, una cittadinanza razzializzata, ovvero basata sul concetto di razza. L’italiano è nell’immaginario collettivo un soggetto bianco.
Non a caso si è percepito, nei discorsi politici del nostro paese, il timore di una possibile “sostituzione etnica”. Come Angelica ricorda, a gennaio 2018 il governatore della Lombardia Attilio Fontana disse: “dobbiamo decidere se la nostra razza bianca deve continuare ad esistere o essere cancellata”.

Se uno vuole continuare la nostra razza, è chiaro che in Italia bisogna iniziare a dare un sostegno concreto alle mamme e alle famiglie.

Deputata del PD, Patrizia Prestipino, un anno prima.

Per Angelica, tali affermazioni rimandano ad eventi storici ben precisi, ovvero il colonialismo italiano. <<Fin dal 1909, il governo coloniale italiano in Africa Orientale si trova a dover affrontare il cosiddetto
“problema dei meticci”, bambini e bambine nati da padri italiani e donne africane. Dato il numero di individui non riconosciuti e lasciati in condizione di indigenza, una delle modalità definite per riconoscere l’italianità di questi bambini era la presenza di “tratti fisici” che mostrassero segni di “sangue italiano”.>>
La stessa ideologia, come è ben noto, trova spazio nel periodo fascista, con la costituzione del concetto di razza bianca o ariana. Nonostante si pensi che il fascismo non esista più, molte idee appartenenti a quel periodo non sono state del tutto sradicate. È come se, con la nascita di italiani di origine straniera, coloro che si sentono italiani “autoctoni” temano di perdere la propria identità. Per questo motivo, si spiegano slogan come “Prima gli italiani” e “L’Italia agli italiani”.

In riferimento ai fatti di cronaca citati all’inizio, ad Angelica abbiamo chiesto: In questo clima, quale consiglio daresti agli afroitaliani? Che tipo di misure pensi che dovrebbero adottare?
“A mio avviso più che gli episodi singoli, facilmente identificabili e condannabili, il problema maggiore sono proprio le micro-aggressioni quotidiane che molte persone non bianche si ritrovano a dover affrontare. […] È fondamentale denunciare episodi di micro aggressione, anche a rischio di essere prese sottogamba perché, comunque, ogni segnalazione e denuncia ci fornisce un dato maggiore.”

“Inoltre trovo sia fondamentale, e questo già succede, che le comunità nere italiane e non, si mobilitino e si organizzino in modo da fornire risposte concrete in modo da diffondere l’applicazione di pratiche anti-razziste.

I social in questo ci aiutano moltissimo poiché forniscono l’opportunità immediata di entrare a far parte di un network o di avvicinarsi, almeno, virtualmente a certe realtà.
È importante, però, che ognuno metta a disposizione le competenze che possiede, neri e non.”

Il razzismo non nasce oggi e non morirà domani. Passerà molto tempo prima che la nostra società riesca a convivere senza problemi con il diverso. Ma affinché si possa arrivare a quel giorno, è necessario che ognuno inizi oggi, nel suo piccolo, a combattere ogni forma di discriminazione.

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